by Cristian Pandolfino (26/01/2018)
Per chi, come me, è cresciuto sulla sua riva, il mare ha rappresentato un limite ma anche un’opportunità, un confine liquido che collega con la sua superficie terre lontanissime tra loro. Capace di allontanare per sempre ciò che un tempo era vicino e restituire alla spiaggia ciò che non gli è mai veramente appartenuto, il mare oggi acquisisce una valenza ancor più sociale: il tema degli sbarchi intasa, finendo con l’anestetizzarci, tante e troppe pagine di cronaca o politica. Una narrazione dove non è più il singolo al centro del racconto ma quella informe massa di disperati che tenta di sbarcare in un mondo migliore, attraverso mezzi che possono definirsi di fortuna solo quando l’odissea giunge a buon fine. Un movimento migratorio antico quanto la Storia dell’Umanità ma che per comodità della propria coscienza, pigrizia intellettuale, malafede economica e opportunità elettorale si tende a enfatizzare o meno a seconda del bisogno.
Questo nuovo spettacolo prodotto dalla Compagnia Ragli, in collaborazione con KIT Italia, racconta una delle possibili conseguenze di questa direzione. Fotografando la realtà di un claustrofobico futuro estremamente kitsch dove Maschio Alfa (Antonio Tintis) e Femmina (Giuliana Vigogna) trascorrono la vita tra reality sui kamikaze, chirurgia plastica prêt-à-porter e una gigantesca muraglia a difesa degli angusti confini regionali italiani. Che, di fatto, protegge chiunque dal rischio di invasione esterno privandolo persino della libertà di fare un tuffo. Il loro lavoro somiglia all’esistenza raccapricciante che conducono: tenere in custodia, dietro lauto compenso, quei pochi folli che ancora tentano di arrivare superando il muro. Ma sarà l’ultimo “ospite” (Matilde Vigna) a rendere finalmente più esplosiva la loro stanca esistenza di coppia annoiata dall’orrore.
Border Line, scritto e diretto da Rosario Mastrota, con un linguaggio fresco e prove attoriali decisamente robuste, regala uno spunto di riflessione e una critica alla società contemporanea evitando, però, di trascinare lo spettatore – come spesso accade quando si indagano temi del genere – nella retorica fiacca della denuncia tanto poco ispirata quanto più seriosa. Lo fa con un inizio entusiasmante, grazie soprattutto al talento di Matilde Vigna nei panni di una spregiudicata conduttrice televisiva, in un crescendo di situazioni serrate, solo superficialmente inverosimili e per questo ancora più inquietanti. Nonostante il finale non sia esattamente all’altezza di quanto precedentemente narrato, la denuncia pop che debutta negli spazi di Carrozzerie | n.o.t risulta davvero efficace.