Un attore/uomo nella sua stanza, tra la sua roba, con la sua vita, si concede ad una confessione:inchinato alla telecamera accesa collegata ad un computer. Dall’altra parte c’è internet, o semplicemente qualcuno che osserva, ma che non commenta, non aiuta, non interagisce. Gino entra in scena tra gli applausi (finti) vestito da attore, si inchina e ringrazia. Poi si spoglia e quegli abiti restano accartocciati su una sedia, in disparte. Gino ora è uomo e parla del suo essere attore e del suo essere uomo. Ci parla delle attese artistiche, delle volontà, degli aiuti, delle speranze in tanti innumerevoli provini. E del rapporto con suo padre, che voleva che lui studiasse per fare il medico. Gino è un attore, che ha dedicato la sua vita all’arte, nell’attesa “buona” di chi attende la grande occasione. L’attore non è un lavoro, gli dicono, Sei troppo bello per il ruolo, Sei troppo alto, Sei troppo magro.