by Andrea Cova Domenica (01/02/2015)
La Compagnia Ragli torna in scena al Teatro Tordinona con “Ficcasoldi”, scritto e diretto da Rosario Mastrota, spettacolo vincitore del Premio Giovani Realtà del Teatro 2013 della Civica Accademia Nico Pepe di Udine. Protagonisti in scena Andrea Cappadona, Dalila Cozzolino e Gianni Spezzano per un atto unico capace di coniugare l’urgenza di un autentico impegno civile con una creatività inconsueta e sorprendente, intrisa di arguta ironia e dolenti germogli di riflessione. La morsa della crisi economica che attanaglia senza concedere requie, il rifugio inconsapevole nell’ossessione atroce della ludopatia, la chirurgica azione manipolatoria della ‘ndrangheta che innesta i propri sordidi traffici sulle sventure altrui, l’impossibile ricerca di redenzione in uno Stato vergognosamente colluso. Un materiale drammaturgico incandescente, declinato con grande lucidità registica e incarnato da interpreti che aderiscono con viscerale intensità al suo coraggioso spirito di denuncia.
Compagnia Ragli presenta
con il patrocinio dell’Associazione Antimafia daSud
FICCASOLDI
di Rosario Mastrota
con Dalila Cozzolino, Andrea Cappadona e Gianni Spezzano
testo, luci e regia Rosario Mastrota
scenografia Zelia Carbone
ufficio stampa Emilio Nigro
grafica Nicola Mastrota
logistica Ettore Nasa
“Ficcasoldi” rappresenta il capitolo conclusivo della trilogia dedicata dalla compagnia calabrese ad un’analisi disincantata delle sottili quanto implacabili infiltrazioni malavitose in piccole storie quotidiane di protagonisti deboli, in balia di tempeste esistenziali, incapaci di far ascoltare sonoramente il proprio punto di vista ed ancor più di ribellarsi alle soverchianti imposizioni dello strapotere ‘ndranghetano. Dopo “L’Italia s’è desta” (finalista Premio Hystrio e vincitore di Uno per Monologhi, Teatropia, Premio Centro alla Drammaturgia, Premio Dirittinscena Università di Roma, Premio Restart Antimafia e Premio Politicamente Scorretto) in cui l’ingenua scema del paese Carletta denunciava il rapimento della nazionale di calcio italiana, e “Panenostro” (finalista al premio Per Voce Sola del Teatro della Tosse di Genova) in cui un panettiere innamorato uccideva per la sua donna due usurai che gli chiedevano il pizzo finendo per essere arrestato, nel terzo episodio di questo trittico teatrale la vivida lente di ingrandimento dell’autore e regista Rosario Mastrota si concentra sul dramma sotterraneo del gioco d’azzardo patologico.
Anime in difficoltà, messe in ginocchio dalle contingenze della vita, ottenebrate dalla solitudine e dall’impossibilità di condividere la profondità del proprio disagio, cercano riparo dalle proprie insicurezze ed una salvifica panacea al cospetto delle slot-machine, sgargianti totem da venerare in questo nuovo volgare millennio, affollando vanamente le ricevitorie del superenalotto, o avventandosi a scartavetrare le speranze di riscatto celate sotto un variopinto gratta-e-vinci. Si tratta di una forma di dipendenza intrinsecamente subdola ed ancor più pericolosa in quanto non ammantata dalla riprovazione sociale che accompagna ad esempio alcool o stupefacenti, ma con effetti non meno devastanti quanto ad auto-isolamento delle vittime, sprofondamento in abissi di disperazione senza ritorno, finanche tragici epiloghi suicidi.
La Compagnia Ragli, pur non annacquando minimamente l’angoscia di questo percorso autodistruttivo, rifugge da ogni accento melodrammatico e sferra la propria denuncia tracciando un racconto umano decisamente onesto ed instaurando un’immediata empatia emozionale con lo spettatore. Cifre caratteristiche del suo stile teatrale sono un’ironia sferzante, contagiosa, scevra della benchè minima volgarità, e l’efficace contaminazione di diversi linguaggi espressivi, dalla riflessività del monologo alla scoppiettante interazione dialogica, dall’attento contrappunto musicale a irresistibili quanto stranianti siparietti coreografici, sino alle incursioni di corrosive voci fuori campo che ben delineano l’indifferenza, anzi la putrida responsabilità, della società e dello Stato di fronte a queste sciagure individuali.
Lo spettacolo si apre nella penombra sulle note suadenti ed inquietanti di “Sabrina” degli Einstürzende Neubauten: un misterioso gioco delle tre carte, manovrato da mani sapienti, ci introduce sin da subito nel mood della narrazione. Un uomo qualunque (Andrea Cappadona) ha dovuto arrendersi dinanzi all’ineluttabilità di una debacle economica senza soluzione: ciò che rimane del suo iper-fashion negozio di abbigliamento specializzato in moda d’oltremanica giace in alcuni scatoloni, cumuli di maglioni da svendere al miglior offerente pur di procacciarsi un agognato tozzo di pane. Una donna qualunque, sua moglie (Dalila Cozzolino) ne condivide il dramma cercando di non soccombere allo sconforto e si rimbocca le maniche annientando le proprie forze nella pulizia delle scale di decine di condomini. Fare la spesa è ormai divenuto un lusso, concedersi una serata a base di pizza e supplì un miraggio stratosferico.
In una mattinata apparentemente innocua l’uomo si reca in un bar di quartiere per l’appuntamento di lavoro che dovrebbe consentirgli di piazzare ben cinque (e dico cinque!) maglioni. Il suo acquirente però all’ultimo istante annulla l’incontro, lasciandolo solo con la sua desolante disperazione e uno scatolone ricolmo di maglioni. A ben guardare però l’uomo proprio solo non è: ad accoglierlo con trascinante simpatia e gioviale ingenuità trova infatti il barista Ettorino (Gianni Spezzano) che cercherà di lenire la sua solitudine con una birra in compagnia e quattro chiacchiere cordiali; ciò che però attrarrà come poderosa calamita la sua attenzione sarà la brillante e tintinnante slot-machine che campeggia all’interno del bar, promessa di facili guadagni e ancora di salvezza dalla tempesta che lo conduce sempre più a fondo.
Ovviamente la storia prenderà ben altra piega, come troppo spesso funeste cronache riecheggiano dai quotidiani e dai telegiornali. Diverrà preda del demone del gioco d’azzardo e, a complicare ulteriormente la situazione, sarà l’entrata in scena di Nina Lettì (interpretata dalla stessa Cozzolino), provocante boss malavitosa dedita al riciclaggio del denaro sporco proveniente dai suoi traffici illeciti grazie alle innumerevoli slot-machine da lei possedute; per raggiungere questo obiettivo sfrutta un manipolo di disadattati sofferenti come il nostro uomo qualunque – in inglese si usa denominarli “Insert Coin”, ma lei predilige il più sanguigno appellativo di “Ficcasoldi” – assegnando loro giornalmente migliaia di euro da riversare nelle macchine slot ed un lauto compenso, che ovviamente finirà anch’ esso tra le fauci di questo totem assetato di denaro, alla ricerca della provvida combinazione di ciliegia-cocco-mela-arancia che finalmente risollevi dal baratro. Il nostro protagonista però, resosi conto della pericolosità delle dinamiche da cui si è ritrovato suo malgrado fagocitato, cercherà di ribellarsi rivolgendosi alle forze dell’ordine; peccato però che la sua denuncia coraggiosa, grazie all’ignobile rete di collusioni che ingabbia finanche lo Stato alle logiche mafiose, non solo cadrà inascoltata ma giungerà immediatamente alle orecchie dei suoi aguzzini. A questo punto, con la complicità imprevedibile di chi si credeva una spalla amica, ci sarà una brusca accelerazione verso un epilogo lacerante, un cappio che soffocherà ogni speranza, non per propria scelta consapevole ma per efferata decisione altrui.
Un testo di grande potenza e impatto emotivo, che lo stesso autore Rosario Mastrota dirige con caparbia incisività, lasciando che le contraddizioni della nostra società corrotta e insensibile emergano in tutta la loro ferocia. Dinanzi agli occhi dello spettatore il protagonista scivola vertiginosamente nelle sabbie mobili, mentre ammiccanti jingle gli promettono paradisi incantevoli grazie alla “Slotteria Italia” di turno e sullo sfondo si innalza una scenografia vertiginosa interamente composta di coloratissimi Gratta e Vinci.
Pregevoli le interpretazioni dei tre protagonisti. Andrea Cappadona tratteggia con abilità lo sprofondare del nostro uomo qualunque nel gorgo della ludopatia, sino alle estreme drammatiche conseguenze. Dalila Cozzolino, co-fondatrice assieme a Mastrota della Compagnia Ragli, si distingue per duttilità nel districarsi con immutata efficacia tra due personaggi sostanzialmente antitetici. Infine un plauso particolare a Gianni Spezzano, istrionico, coinvolgente e carismatico nel plasmare il suo personaggio, dalla simpatia scanzonata dei primi istanti alla deriva finale all’insegna della più glaciale imperturbabilità; da sottolineare l’ulteriore carta vincente a sua disposizione, una solida consapevolezza mimica e corporea che emerge distintamente nell’incipit dello spettacolo e nei numerosi stranianti siparietti che lo costellano.
La Compagnia Ragli centra dunque nuovamente il bersaglio con il proprio teatro di impegno civile, necessario ed onesto proprio perchè lontano anni luce dal moralismo di facciata, un teatro vissuto sulla pelle da parte di artisti capaci di interrogarsi con schiettezza ed originalità sulla realtà che li circonda e di coinvolgere intimamente il pubblico in questa riflessione.
Teatro TdIX Tordinona – via degli Acquasparta 16, 00186 Roma
Per informazioni e prenotazioni: telefono 333/5891955
Orario spettacoli: da martedì a sabato ore 21.15, domenica ore 18
Biglietti: intero 10€, ridotto 7€
Articolo di: Andrea Cova
Foto di: Alessia Spagna
Grazie a: Ufficio stampa Emilio Nigro