ALLE CARROZZERIE N.O.T. UN’UMANITÀ “BORDER LINE” CON LA COMPAGNIA RAGLI E KIT ITALIA

by Alessandra Pratesi (26/01/2018)

recensito.net

Il mondo si divide in due categorie: c’è chi sta al di là e chi al di qua del muro. Così è nel nuovo esperimento della Compagnia Ragli e KIT Italia, “Border Line”, andato in scena alle Carrozzerie n.o.t. di Roma il 25 e il 26 gennaio, in anteprima stampa e nazionale.
In un’Italia futuribile, un lungo muro di cemento è stato innalzato sulla costa perché i cittadini-sudditi possano essere protetti da tsunami, sbarchi, terroristi, morte. Alla TV si guarda “Esplosioni in diretta” (talent show per aspiranti terroristi) e “La Franci ti consiglia” (rubrica-tutorial per followers), si pubblicizzano mattoncini a prova di bomba e si annunciano scioperi generali di preti, maghi, calciatori. “Patapumpete” è il nuovo slogan e gli amici si cercano su Faceboom. In un soggiorno dove le poltrone sono sedie sdraio, i Guardiani Maschio Alfa (Antonio Tintis) e Donna Alfa (Giuliana Vigogna) aspettano. Novelli Estragone e Vladimiro, sono impegnati in un dialogo non-sense su di un possibile squarcio nel muro, sulla preparazione della carbonara, sulla password del tempo («la mia eco rimbalza contro il muro […] non si parla più, si condivide apaticamente», lamenta Maschio Alfa). Nel soggiorno di Casa Alfa, però, Godot arriva. Si chiama Jeannet (Matilde Vigna) e indossa un vestito tradizionale vagamente bavarese (anche se lei viene dal mare e parla un grammelot di ascendenza veneta). Un destino dal malsano senso dell’humour conduce ad un epilogo a sorpresa, ma in fondo l’unico plausibile dal momento che la storia sulla scena la stiamo ancora vivendo e non ne conosciamo l’esito.
A dare consistenza e coloritura all’ambientazione concorre una tecnologia pervasiva stile Grande Fratello di Orwell, con remote-voice-controlled che risponde al nome di Siri e che ricorda le soluzioni di “Extant” (serie tv del 2014, con Halle Berry protagonista e Steven Spielberg tra i produttori esecutivi). Accurato è l’uso delle luci (Giacomo Cursi), fondamentali nella creazione dello spazio scenico e nello sviluppo della struttura drammaturgica costruita sull’alternanza del dialogo nel soggiorno tra i personaggi e i momenti televisivi – pubblicità, programmi, registrazioni di protesta – in cui la scena è ridotta ad un immaginario schermo. 
Il testo è un inedito di Rosario Mastrota, impegnato anche nella regia con l’assistenza degli altri due fondatori della Compagnia Ragli, Andrea Cappadona e Dalila Cozzolin,. Continuano tenaci a prestare fede alla promessa di teatro civile e sociale con cui hanno esordito, pluripremiati. Si ricordi in particolare la trilogia “L’Italia s’è desta”, “Panenostro”, “Ficcasoldi” di denuncia e smitizzazione contro la ‘ndrangheta. In “Border Line” si ritrova l’attenzione a tematiche sociali legate sempre più alla barbarica invasione di xenofobia e di profonda incomprensione di sé. I riferimenti all’attualità sono molti e, come in un festival degli orrori, dalle parole dei personaggi emerge una sfilata di immigrati, gommoni, centri di accoglienza, ius soli, scioperi generali, denunce per (mancate) molestie sessuali, corruzione, mass e social media asserviti al potere. Il tessuto drammaturgico, però, rischia di essere travolto da tale e tanta complessa densità, non sempre coadiuvata da uno svolgimento lineare. L’effetto comico risulta non sempre sufficientemente potenziato, nonostante le premesse visive offerte sin dall’apertura al pubblico abbiano del grottesco, come l’impiego di parrucche colorate per lui e per lei. La risata che lo spettacolo suscita ha un gusto amaro («forse i cani, nonostante il collare, sono ancora liberi», pronuncia disilluso Maschio Alfa). Il pastiche, a tratti troppo carico ora di riferimenti a modelli di storytelling distopico, ora a citazioni non sempre organicamente rielaborate alla cronaca, lascia più confusi che persuasi. A meno che l’obiettivo non fosse bombardare e colpire per indurre all’analisi di coscienza (collettiva). 
Al di là di ogni inquietante suggestione di scenari politicamente non del tutto improbabili, “Border Line” ribadisce la linea di demarcazione tra un modo di concepire il teatro tradizionalmente consolatorio e ludico ed un modo di fare teatro impegnato e socialmente utile. Il mondo si divide in due categorie: c’è chi va a teatro per essere rassicurato e chi va a teatro per essere scosso. Patapumpete.

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