by Pietro Dattola
Poco prima dei Mondiali. la nazionale italiana dì calcio scompare sull’Aspromonte. Nessuno sa dove siano finiti i giocatori e per mano di chi. Vista la zona della sparizione, naturalmente si sospetta della ‘ndrangheta, ma nonostante autorità e televisioni perlustrino in lungo e in largo l’area, la Nazionale non si trova. In più, c’è da fare i conti con l’omertà del paese, che persiste, e pure compiaciuto, pure dinanzi alle telecamere e all’attenzione di una nazione intera in trepidante attesa. L’unica che – per pura casualità – sa qualcosa e tenta più volte di svelare il nascondiglio a chi di dovere, è Carletta, la scema del paese, alla quale però nessuno dà credito, finché un giornalista non ha l’intuizione di darle retta almeno per un istante.
Questo l’antefatto de L’Italia s’è desta – un piccolo [falso] mistero italiano, monologo scritto e diretto per la Compagnia Ragli da Rosario Mastrota e in cui la brava Dalila Cozzolino dà voce e corpo allo sguardo invisibile di una emarginata, libera di andare ovunque e di vedere, sentire e dire qualunque cosa proprio perché nessuno le fa caso o potrà mai veramente crederle. Verrebbe quasi da dire che, in certe situazioni e in determinati ambienti, solo un pazzo possa dire la verità…
Una bicicletta, una radio, le figurine di un album dei calciatori e un abbigliamento povero, forse troppo sbarazzino per l’età del personaggio, rivelatore di una personalità quantomeno eccentrica e di una persona libera, innocua, testarda e forse pure un po’ trascurata: con l’ausilio di questi pochi elementi, della sua mimica facciale e gestuale e del suo divertentissimo dialetto accennato, Carletta ci conduce per le vie del paese, ci fa conoscere le persone che lo abitano e respirare l’atmosfera gretta, ma al tempo stesso umana, di un piccolo centro abitato del sud. “Inconsapevole, o consapevole solo a metà. come può esserlo una bambina che ha imparato che una cosa non si fa ma non comprende perché non vada fatta, della vera natura delle persone che frequenta e alle quali più vuole bene”.
Se l’intento dichiarato é quello di smitizzare una realtà temibile e opprimente come quella ‘ndranghetista, il maggior piacere viene forse proprio dall’impressione al termine dello spettacolo, di aver davvero trascorso qualche settimana al paese e di aver conosciuto a volte anche intimamente, i molti personaggi delineati dal racconto della protagonista.