By Viviana Raciti (3 Maggio 2013)
Nascosto agli occhi dei più, dentro la Casa dello Studente di via de Lollis c’è un piccolo teatro dedicato a Pasolini. Lì, quasi per caso, consigliati da un amico, ci siamo ritrovati a riflettere protesi verso un ideale etico e artistico allo stesso tempo. Queste sono le premesse di Diritti in scena, prima rassegna – concorso teatrale contro la mafia e per i diritti umani, nata dalla collaborazione tra la Onlus antimafie daSud e la Casa de Asterion, Associazione Culturale che dal 1999 si occupa di formazione teatrale. Sostenuto da Teatro Civile Network, il sistema di catalogazione e ricerca della produzione italiana di teatro di impegno civile, questo primo esperimento a « impatto zero», usando le parole della curatrice Laura Stasi, nasce dall’idea che «l’arte possa e debba dare un contributo importante per i diritti civili», anche attraverso la ricerca di nuovi linguaggi. Nell’arco di due giornate d’aprile, le tredici compagnie selezionate hanno rappresentato la propria personale manifestazione di resistenza in una riflessione che potesse farsi impegno attivo tanto in scena quanto in platea. In un evento conclusivo programmato per il 13 maggio al Centrale Preneste, verranno presentati lavori più meritevoli, selezionati da una giuria formata da esperti di entrambi i settori.
Dando spazio e vita a questo doppio binario, un monito però risiede dietro l’angolo. «Il teatro rimane teatro anche se insegna» sosteneva Brecht, invitando a non perdere di vista il mezzo, a non fare dell’oggetto narrato il soggetto unico d’interesse della rappresentazione, andando così a vanificare quell’identità teatrale richiesta alla base. È attraverso il teatro – quella “scena” evocata fin dal titolo della rassegna – che in questo caso la denuncia può avvenire, ed è una ricchezza sfruttarne appieno tutte le possibilità. Affrontando dall’interno le dinamiche raccontate, scardinando e smascherando i luoghi comuni anche attraverso una dimensione ludica, ecco che il teatro non racconta solamente il cambiamento, ma ne diventa commento critico, si fa strumento attivo.
In questi intenti sembra riuscire benissimo la Compagnia Ragli che, con lucidità, delicatezza e ironia, prova a scardinare l’immagine della ‘ndrangheta non attraverso gli occhi mediatici della società o del potere costituito, ma grazie allo sguardo invisibile di un emarginato. Lavoro riconosciuto già da diversi festival e premi teatrali, al centro de L’Italia s’è desta. Un piccolo (falso) mistero italiano, l’immaginario sequestro della nazionale di calcio in uno sperduto paesino della Calabria, viene raccontato dall’ultima persona creduta attendibile come testimone. Su una bicicletta da uomo, piena di stropicciate buste di plastica, arriva in scena una ragazza. Fin dal suo primo spiazzante saluto – un sorridente e apertissimo «ciao» a noi rivolto – si intuisce quale sia il posto riservatole dalla società: Carla è «la scema, la Scarpe strane del paese», colei che paga il prezzo della propria libertà di girare ovunque, di poter dire ciò che pensa e che vede attraverso una reclusione sociale e collettiva, additata da tutti e compresa da nessuno. Dalila Cozzolino dà vita a un personaggio pieno di forza e gioia di vivere. Costruito attorno a precise partiture fisiche – imprevedibile e comicissimo gioco gestuale e facciale – e linguistiche, a una parola che rimanda al gusto del dialetto senza mai eccedere nel segno, al gioco sonoro che mai diventa grottesco; il personaggio acquisisce la naturalezza della propria maschera, costruendo nella relazione diretta con lo spettatore una vitalità scenica davvero encomiabile. Mai eccessiva, anzi, con una semplicità disarmante in grado di superare forza bruta, violenza e inganni, grazie alla sua cosciente identità di fool Carla smaschera i gap della società mediatica, utilizzando quegli stessi mezzi sorprendentemente ribaltati. La brillante scrittura di Rosario Mastrota, che in questo caso firma anche la regia, è in grado di parlare tanto del caso particolare quanto di delineare un impietoso ritratto del nostro paese. «L’Italia è nel burrone!» è una frase che si impone con la forza di uno schiaffo e, pur essendo assolutamente calata nel contesto scenico, sembra guardare oltre, verso il panorama odierno.
Una narrazione “obliqua” che volutamente glissa sui dettagli importanti, su tutto ciò che di logica verrebbe da esporre affinché la situazione risulti chiara, preferisce invece farci entrare nella storia, nel mondo di questo piccolo paesino, attraverso spiragli inaspettati: nell’attesa di una comunicazione radio, tirando fuori dal liso marsupio l’album di figurine su cui i calciatori rapiti sono marcati con una croce, raccontando della nuova statua o dell’unica amica scomparsa; tutti oggetti “fuori moda” che contribuiscono ad arricchire l’identità della reietta riscattandola e lasciando che gli scombinati pezzi del puzzle acquistino senso solo alla conclusione di una sorprendente e amara immagine.
Carla, la salvatrice dell’Italia, nasconde qualcosa. Eppure, anima pura come solo i diversi probabilmente possono permettersi di essere, trova la forza di denunciare la storia, anche se questo potrebbe significare tirare in ballo la propria stessa famiglia, vittima di quel paesino minuscolo che è un vero e proprio covo di «‘ndranghetisti». La rivelazione di Carla imprime una secca sferzata alla storia dando ulteriore forza al suo personaggio. L’Italia s’è desta è un falso che lascia la speranza di poter divenire vero.
Viviana Raciti
visto a Roma nell’ambito della rassegna Diritti in scena, Aprile 2013
Prossime repliche
3 maggio Teatro Morelli – Cosenza
18 maggio Teatro Comunale – Cassano Jonio (cs)
23 luglio – Tonezza del Cimone (vi) – Teatro Comunale
ottobre (Padova, vetrina Teatronet)
3 ottobre – Lamezia Terme (cz) – teatro Scenari Visibili
L’ITALIA S’È DESTA
con Dalila Cozzolino
progetto Compagnia Ragli
testo luci e regia Rosario Mastrota