HYSTRIO – Anno XXVII
3/2013
di Emilio Nigro
La nazionale di calcio sequestrata. In Calabria. Dalla ‘ndrangheta. Prima di disputare un incontro amichevole su un campo di gioco sorto in un terreno confiscato. Non male come espediente narrativo. Un fondo di verosimiglianza c’è: Prandelli e i suoi si allenarono qualche tempo fa a Rizziconi (Rc) «per portare un sorriso in una terra particolare», dissero. I Ragli, calabresi d’esportazione, non nuovi alla ricerca teatrale verso (de) codificazioni identitarie, agitano l’espediente e la finzione del teatro. per dire delle verità. Sull’italietta. su mamma Calabria. In salsa farsesca. velata da delicata ironia, dal sapore beffardo. Monologando. La verità di parlare delle cose come stanno, senza le maschere degli eventi mediatici a camuffarle. La verità per bocca degli scemi del villaggio, ai quali nessuno crede, nemmeno davanti alle prove. Chiara, nemmeno se si contasse le dita di mani e piedi verrebbe creduta. Non profetizza l’imminenza, vede, unica testimone oculare, qualcosa che accade. Assiste al rapimento. Lo racconta, con coraggio. Devi essere pazzo per parlare. E per vedere e per sentire, da queste parti. Lo spettacolo, un’ora scarsa di scena, prende quota quando il plot narrativo si fa chiaro. Quando la storia assume contorni. Prima, per buoni venti minuti, il tentativo di favorire un climax, nell’interazione con il pubblico, risulta lento e poco accattivante. Concentrandosi su cliché di attitudini meridionali, connotazione del personaggio, innesto di elementi materici. L’efficacia dello spettacolo, s’assorbe come quando si legge un testo d’un fiato perché incollati alle pagine. Ma avviene dopo essersi annoiati. Capita alle giovani compagnie, alle prese con la necessità di emergere, fra molte difficoltà economiche. D’impatto immediato, rincuorante, soddisfacente a caldo. Imperfetto, però. Del resto, l’importante a teatro non è che arrivi tutto infiocchettato. L’emozione, piuttosto.